Abbiamo studiato, progettato, costruito in pianta – dall’alto – e mai ascoltato chi vive la Città. Perché è loro, è di chi la vive.La crisi dei nostri anni ci rende finalmente consapevoli che sono i fenomeni sociali a definire la forma dell’Architettura; così la risposta al disagio e al degrado non è più l’espansione coatta e la costruzione del nuovo ma la rigenerazione di una consapevolezza sociale e urbanistica basata su un lavoro di continua cura del pensiero. Nel corso dei laboratori di ”nóvǝ nóvǝ nóvǝ – nove navi nuove” della II Edizione, ci siamo chiesti come connettere la periferia al centro, ma soprattutto se fosse possibile farlo insieme con i cittadini. Convinti di non dover partire da zero, consapevoli dei caratteri e del valore culturale della periferia, abbiamo ricercato fotografie, tra i rifiuti abbandonati, dialogando con i residenti ed è emersa una parte di città pregna di dinamiche, usi, relazioni, attività, ostacolate da una progettazione cieca che invece di connettere divide, che invece di accogliere respinge. Forte e costante ad esempio, è questa linea grigia orizzontale: muretti che separano il nulla dal nulla, i parchi pubblici dai parchi pubblici, i marciapiedi dai marciapiedi. Elementi ben saldi, costruiti in cemento armato da tondini sopra dimensionati, pronti a sopportare il peso e la responsabilità del loro ruolo. Quale sia, non è ben chiaro. Ma ai muri non ci si abitua: sono scavalcati costantemente da chi, invece, ha ben chiara la loro inutilità, col risultato che solo ad alcuni è precluso un diritto fondamentale della città: essere liberi di percorrerla, di immaginarla differente da come essa è.
Abbiamo costruito una percorrenza lenta riutilizzando e connettendo quello che già c’era, nello specifico aree verdi in abbandono, immaginando nuovi cicli di vita. Da questa utopia è nata SCALLA, acronimo di Supra Castra Accaedo Lumina Labilis Acies, un elemento connettivo e celebrativo del tessuto edilizio ruvese, delle dimensioni di 328 x 170 x 500 cm autocostruito con 90 listelli in legno 2.5X4X350cm, ricoperto con smalto color verde acido.
Costruita in tre giorni, al piano terra di una delle palazzine di Via Martiri delle Foibe, con l’aiuto di adolescenti, universitari, architetti e pensionati, nella notte tra il 14 e 15 luglio è stata trasportata in processione: ciascuno ne ha sollevato una parte sulle proprie spalle e con passo unico e spirito festoso ne ha reso possibile la locazione finale. SCALLA sarà un’installazione temporanea: il suo obiettivo è suggerire che una città diversa è possibile, che si può procedere verso una smart city in cui i cittadini, vero presidio dei luoghi, sono protagonisti coinvolti nelle decisioni che riguardano lo spazio pubblico.
Dispositivo portatile per traguardare punti sensibili del paesaggio di Ruvo Osservare è un verbo che viene dal latino observàre. È composto da OB, che contiene il senso di avanti, sopra, attorno, e SERVARE custodire, salvare, guardare, anche nel senso di tenere gli occhi addosso. Esprime l’atto del considerare, guardare diligentemente, tanto con gli occhi fisici, che con quelli della mente. Al concetto di Osservare siamo arrivati in punta di piedi, partendo da una domanda lontana: come si connette la periferia al centro della città? Ruvo di Puglia è un insediamento antico, un piccolo promontorio a circa 266 metri sul livello del mare, da cui già gli iapigi nell’età del ferro miravano e controllavano il territorio cittadino, allora esteso fino alla costa. Lo sguardo è stata una costante della pianificazione urbana: la vista era ciò che guidava il pellegrino che ad essa si affidava per non smarrirsi, o il soldato che scrutava in lontananza per proteggere il territorio. Osservare è stato, insomma, uno strumento per garantire la propria sopravvivenza nei momenti incerti, un modo per custodire, salvare i territori, per sentire che ad essi, alla loro bellezza apparteniamo.
Ad oggi, mentre in variante ai piani urbanistici costruiamo senza pianificare, otturiamo lo sguardo e disegniamo città che non respirano, che non traguardano, che non appartengono. Scatole labirintiche in cui sentirsi rinchiusi, in cui muoversi costretti nel presente, nell’adesso, senza che alcun suggerimento ci faccia immaginare che l’oltre invece esiste, che possiamo sognarlo, raggiungerlo, osservarlo. Abbiamo immaginato allora un piccolo strumento magico, un dispositivo analogico portatile che sottrae il rumore visivo di fondo dal paesaggio urbano. Se posizionato lungo le 11 tappe del percorso che conduce dalla periferia al luogo più rappresentativo di Ruvo di Puglia, consente di concentrare la vista e di traguardare sin dal primo punto il campanile della Cattedrale.
La città attraverso il gioco e il gioco attraverso la città Enjoy your drawing è un progetto che nasce dai desideri dei bambini. Nelle prime settimane di nóvǝ nóvǝ nóvǝ, per imparare a conoscere la città, avevamo immaginato con loro mille leggende leggendarie, in cui pirati, gatti con gli stivali e gang di ballerine e ballerini avrebbero dovuto spostarsi all’interno di Ruvo di Puglia per raggiungere i propri obiettivi. I piccoli progettisti, allora, avevano disegnato spazi e indicazioni preposte a questi: colori, simboli, avrebbero caratterizzato i percorsi e le soste degli eroi.
Nei laboratori era chiaro questo: che sì, c’è bisogno di più spazi per il gioco; che no, i campi da gioco non devono essere solo da calcio e che si può giocare ovunque, qualche ora al giorno, mantenendo un principio diventato caro ai piccoli, quello della multifunzionalità. Con “i grandi” abbiamo recuperato questo desiderio e abbiamo provato ad immaginare uno strumento per il gioco, un insieme di colori e forme mutabili, personalizzabili, che possono apparire su una qualunque distesa di asfalto e permettere a chi vuole di divertirsi secondo le proprie regole. Enjoy your drawing diventa un modo per celebrare la città, i cittadini, la possibilità di essere attori dei luoghi che viviamo, di divertirsi, di testare e immaginare nuovi usi leggeri degli spazi.
I segni sono simboli ricavati dalla città: il frontone della Cattedrale, la sezione delle colonne, ma anche le luminarie, la focaccia, l’oliva, gli antichi vasi greci, i Santi. La forma delle aree di gioco intercetta e modifica la percezione delle regole, costringendo i players a misurarsi di volta in volta col diverso e imparando a cercare all’interno di ciò che non si conosce, nuovi riferimenti e dinamiche. Questo il link alla versione beta con cui abbiamo giocato durante la serata dell’inaugurazione. Rispondendo ad una sequenza di 9 domande si potrà ottenere una personale combinazione all’interno della gamma delle 314.928 possibili, più un easter egg – una sorpresa – digitando un particolare numero finale. Immaginate quale…?
10 Maggio 2020